Emilio Comici

Emilio Comici (1901-1940)

 

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Il più strordinario talento del periodo tra le due guerre. Da molti accostato, per l’eleganza del suo stile, al mitico Paul Preuss.
Riccardo Cassin di lui disse: “In più di cinquant’anni non ho mai visto
nessuno arrampicare con tanta apparente  facilità, con tanta eleganza”.
La grandezza di Comici sta non tanto nella mole delle vie percorse e aperte, fra tutte si ricordi la Nord della Cima Grande di Lavaredo, con i fratelli Dimai, nel 1933, ma nella purezza dello stile e nella ricerca della linea estetica ideale, quella della “goccia che cade”: egli andava sotto la verticale di una cima e tirava su diritto.
Famosissima e in parte inspiegabile, la straordinaria salita solitaria e senza corde della sua stessa via alla Nord della Cima Grande di Lavaredo nel 1937: exploit fra i più grandi di tutta la storia dell’Alpinismo.
Cadde per un banale incidente a causa di un cordino marcio; non stava arrampicando.
Non ha lasciato libri, tuttavia recentemente molti suoi scritti, appunti per conferenze, note e foto sono stati riuniti da Elena Marco in “Alpinismo eroico” edito da Vivalda.  Altra opera interessante è quella di Spiro
Dalla Porta Xidias, “Emilio Comici, mito di un alpinista” (1988) edito da Nuovi Sentieri.

Emilio Comici nacque a Trieste il 21 febbraio 1901.  Ancor dalla prima giovinezza si dedicò agli sport atletici, corsa, salto tennis, nuoto, pattinaggio, figura e stile, riuscendo fra i primi per la sua eccezionale prestanza fisica e intelligenza non comune.  Compiuti gli studi superiori, si impiegò nei Magazzini Generali del porto, e nelle poche ore libere, dal sabato sera al lunedì mattina, riusciva a compiere dei veri exploits con gli amici della Sezione XXX Ottobre, della quale egli era uno dei soci fondatori, nelle innumerevoli grotte ancora vergini del Carso.
Maestro di punta in tali spedizioni rivelò molti abissi inesplorati e raggiunse il record di profondità del tempo, toccando il fondo di una grotta di 500 metri nell’altopiano del Cansiglio, il Bus de la Lume.  Uscito dalla caverna, salì sulla vicina vetta del Cimon del Cavallo e da quel giorno, all’oscurità degli abissi preferì la luce delle altezze.  Quella facile vetta – storicamente importante perchè la prima cima delle Dolomiti raggiunta dall’uomo, fin dal 1726 – fu la soglia da dove Comici partì per iniziare e finire sulla montagna la vita, che senza esitanza, per luminosità e grandezza, possiamo raffigurare come una meteora sul cielo delle Dolomiti: quindici anni interamente dedicati alla montagna, dal 1925 al 1940, con oltre 600 ascensioni, delle quali un centinaio di nuove. Al primo contatto con la parete egli si sente in piena dimestichezza, sì da divenire subito maestro nell’arte di arrampicare. 

Campo d’azione sono le Alpi Giulie dove inizia nell’estate del I935 una serie di difficili arrampicate libere aprendo vie nuove sul Campanile di Villaco, sull’Innominata, sul Montasio e sulla Cima di Riofreddo, e, nelle Dolomiti, sulle Cime degli Aghi e del Balcon.
Costretto al lavoro quotidiano, ha poco tempo per dedicarsi alla montagna, ma riesce ugualmente a raggiungere le Alpi durante la notte e compie la domenica imprese di rilievo.  Comprende l’importanza di educare l’allenamento, di migliorare lo stile e perfezionare la tecnica.  Vicino a Trieste scopre che alcuni roccioni modesti ma verticali e strapiombanti offrono un’ottima palestra e crea in Val Rosandra la prima scuola di roccia in Italia.
D’inverno le Dolomiti aumentano il loro fascino verginale e primitivo: Comici ne è preso e va incontro alla montagna gelida, risvegliando l’alpinismo invernale che grazie a lui si affermerà diffusamente. 

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Scala d’inverno il Piz Popena, la Cima Grande e la Cima Ovest di Lavaredo, la Cridola, il Cadin di San Lucano, il Sorapiss, la Cima Vezzana, il Montasio, la Cima del Vallone e altre vette nelle Dolomiti e nelle Giulie.
Nel 1929 aumenta il numero delle sue imprese, con nuove vie sempre più ardue e dirette sul Montasio, sulla Cima di Riofreddo, sul Sart e, nelle Dolomiti, sullo Zurlon,
sul Dito di Dio e la Croda del Valico.
Salendo il Sorapiss per il couloir di ghiaccio apre una nuova forma di alpinismo sulle Dolomiti, quella dei canaloni ghiacciati vincendo la gola ovest della Punta dei Tre Scarperi e la est del Montasio.

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 Foto e testi da: L’arte di arrampicare di Emilio Comici di Severino Casara (HOEPLI)

Emilio Comici (Trieste 1901 – Selva di Val Gardena 1940)
“Sulle montagne sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le cose terrene; tutto questo perche’ siamo piu’ vicini al cielo”.
 

Giunto alla montagna partendo dal Carso e dalle sue grotte, il triestino Emilio Comici ha espresso una tecnica arrampicatoria eccezionale, paragonabile a quella di Paul Preuss e tale da indurre il grande Riccardo Cassin, che chiamava Comici ‘Maestro’, ad affermare di non aver mai visto nessuno arrampicare con tanta apparente facilità e con tanta eleganza. Le vie di Comici si caratterizzano per purezza di stile, linearità e seguono, quanto più possibile, la linea verticale che collega la cima con la base della parete, cioè la linea della goccia che cade. Nei giorni 12 e 13 agosto 1933, con i cortinesi Angelo e Giuseppe Dimai, Comici sale l’enorme parete Nord della Cima Grande di Lavaredo, realizzando al massimo livello la teoria della goccia d’acqua. Quattro anni dopo ripete, da solo e senza corde, la via sulla Nord, impiegando tre ore e tre quarti e realizzando uno dei massimi exploit dell’alpinismo. Comici stesso, ricordando l’impresa, si chiede:

“Da che cosa ero pervaso io? Da una forma di pazzia o di sadismo alpinistico, forse? Non so, ero ebbro, si, ma cosciente: perchè mi sentivo la forza fisica di superare lo strapiombo, e la sicurezza morale di dominare il vuoto. Riconosco a priori che l’arrampicamento solitario su pareti difficili, è la cosa più pericolosa che si possa fare… Ma ciò che si prova in quel momento è talmente sublime che vale il rischio.

Dopo la morte prematura, causata dalla rottura di un cordino, alla sua memoria viene intitolata la Scuola di Roccia della Società Alpina delle Giulie, basata in Val Rosandra nei dintorni di Trieste, scuola che Comici aveva contribuito a fondare nel 1929.

 
La vita
 

Emilio Comici nasce a Trieste il 21 febbraio del 1901 da madre di origine veronese e padre triestino. Oltre a Emilio i genitori mettono al mondo altri due figli, Gastone e Lucia. Seppure non eccellendo negli studi, Emilio, frequenta le scuole dell’obbligo e all’età di quindici anni viene assunto presso i Magazzini Generali di Trieste con un incarico impiegatizio.

Comici da giovaneSin da piccolo frequenta il Ricreatorio Pitteri della Lega Nazionale. Compiuti i diciotto anni, non potendo più frequentare per limiti di età il ricreatorio, assieme ad altri amici aderisce ad una nuova associazione sorta da poco, si tratta della XXX Ottobre, che all’epoca era una società sportiva. Si praticavano ginnastica, atletica, ciclismo, calcio, canottaggio. A queste sezioni si aggiunse un gruppo speleologico e Comici, pur eccellendo nelle altre attività sportive, vi aderisce prontamente.

Comici inizia cosi’ la sua attivita’ come esploratore di cavita’ naturali che nel Carso triestino abbondavano. Negli anni tra il 1926 e il 1928 Emilio, con i compagni, ogni domenica esplora caverne e pozzi lunghi e complessi. Come sia passato dalle grotte all’alpinismo ce lo spiega egli stesso in un suo scritto:

Ricordo di sfuggita che alla esplorazione del famoso Bus de la Lum, sull’altipiano del Cansiglio, alcuni amici dell’Alpina delle Giulie di Trieste, mi chiesero – “Comici, perché non vieni anche tu in montagna?” – Un giorno accolsi l’invito e immediatamente sentii rivelarsi in me questa fiamma che ora è quasi tutta la ragione e quasi tutto il fine della mia vita.

 

Comici in Val RosandraComici inizia la sua attività alpinistica dapprima salendo le montagne, potremmo dire quasi da escursionista, lungo le vie normali. Ma ben presto si rivela l’uomo capace delle grandi imprese. Ad aiutarlo a costruirsi come alpinista per affinare alla sua naturale dote anche le tecniche di arrampicata c’è la Val Rosandra che con le sue pareti rocciose offre allo scalatore un campo di allenamento, raggiungibile facilmente dalla città.

Alla fine degli anni venti sono tanti i giovani che, grazie all’entusiasmo e al suo carisma, frequentavano la Val Rosandra. Provengono da varie società di Trieste e tutti, chi più o chi meno, si ingegnano ad arrampicare sulle rocce, da autodidatti, o seguendo le evoluzioni dei più esperti e cercando di imitarli.

Naturalmente primo fra tutti, si distingueva ed era il più imitato, Comici proprio per lo stile armonioso con cui riusciva a superare i passaggi più difficili. Fu questo aumento di giovani vogliosi di arrampicare che lo indusse a creare una scuola di arrampicata per dare a tutti la possibilità di divenire bravi alpinisti. Nasce così, grazie alle sue geniali idee, la prima scuola di alpinismo nel 1929. Le grandi imprese compiute da Emilio fanno nascere in lui il desiderio di diventare guida alpina trasferendosi definitivamente in montagna nella zona delle Tre cime di Lavaredo.

 
Nel 1939, dopo anni di permanenza a Misurina, viene invitato a dirigere la scuola di sci a Selva di Val Gardena. Si trasferisce quindi definitivamente a Santa Cristina dove, stimato e amato dai valligiani del luogo, viene nominato podestà di Selva e di Santa Caterina. Morirà a Selva di Val Gardena, il 19 ottobre 1941, cadendo da una paretina adibita a falesia. Nell’intento di dare consigli sul passaggio, ad un amico, usa un cordino, non suo, per sporgersi. Sotto il suo peso il cordino, marcio all’interno, si spezza di colpo. Il corpo precipita con un unico volo di quaranta metri fino alla base.

Così si era compiuto il destino di Emilio Comici. La sua morte suscita enorme dolore non solo nell’ambiente degli alpinisti triestini. È come se il mondo degli arrampicatori si fosse fermato, nessuno vuole credere alla notizia. Lo sbalordimento porta a pensare ad un cattivo scherzo. Poi la verità lascia tutti sgomenti e ammutoliti. Per gli amici più intimi, per i suoi compagni di cordata, fu certamente un colpo durissimo, un trauma. Essi lo avevano conosciuto in tutti i suoi lati perchè quando arrampicava egli manifestava la sua vera natura di persona affabile, allegra, espansiva e lo conoscevano anche quando diveniva ombroso e introverso. Comunque ognuno lo descrive come un amico eccezionale un amico di cui fidarsi, un alpinista ineguagliabile. Forse il migliore, sia come alpinista sia come compagno di cordata proprio per le qualità umane che possedeva.

 
Le sue imprese
 

È del 1927 la sua prima importante impresa. Insieme all’amico Razza, Comici compie la prima ascensione alla cima Innominata lungo la gola Nord – Est. È un itinerario che comporta difficoltà di 4° grado con passaggi di 5°. Si consideri che nessuna parete Nord della catena dello Jôf Fuart era stata ancora scalata da altre cordate. Ma è nel 1928 che il nome di Comici diventa famoso fra gli alpinisti e non solo quelli giuliani. Egli infatti compie la prima ascensione della Nord della cima di Rio Freddo. È una parete alta più di 600 metri, verticale ed esposta, solcata quasi al centro da un camino, sfociante, in alto, in un ampia rientranza scura detta Vano Nero.

Trascorrono pochi mesi dalla grandiosa impresa che egli apre un’altra via, sempre nelle Alpi Giulie. In tutto, nello stesso anno, apre quattro vie nuove. Negli anni 30, Comici, assieme al suo compagno Fabjan, attacca la N.O. della Sorella di Mezzo del Sorapis, aprendo il primo tracciato di sesto grado italiano. L’ascensione alla Sorella di Mezzo lo consacra sestogradista, uomo di punta tra i migliori scalatori su roccia.

Prima di questa ascensione, sempre con lo stesso compagno, C. compie un nuovo tracciato al Dito di Dio, sempre nel gruppo del Sorapis, con difficoltà continue di 5° grado.

Dopo l’exploit torna ad arrampicare nelle Alpi Giulie aprendo due nuovi itinerari: il primo sulla Torre degli Orsi, per ricordare l’amico Dario Mazzeni caduto proprio su quella parete nel tentativo di aprire una nuova via, il secondo sulla Torre Lazzara assieme al compagno Piero Slocovich.

Comici, oltre ad arrampicare su roccia , nelle stagioni invernali, si dedica anche alle salite lungo canaloni ghiacciati effettuando delle prime come il canalone del Sorapis e il canalone ovest della cima Tre Scarperi. Oltre a questo egli si dedica all’escursione con gli sci e si allena in Val Rosandra in attesa del ritorno della bella stagione. Nell’estate di quell’anno compie la prima assoluta della Torre Innominata nel gruppo del Rinaldo e la settimana successiva scala, lungo un nuovo tracciato, la ovest del Cimon del Montasio rimanendo impegnato in parete per nove ore e mezza. Ma la più importante scalata di quell’anno resta la ovest della Croda dei Toni di Mezzo, sulla quale nessun altro alpinista aveva ancora effettuato una prima salita. La parete impegna molto Comici, che assieme agli amici Slocovich e Fabjan supereranno difficoltà fino al sesto grado.

Un’altra grande impresa è la conquista della Nord al Civetta. La salita impegna C. e il compagno Giulio Benedetti per due giorni, superando continui strapiombi, tetti e diedri, in condizioni di sicurezza precaria, per i chiodi che non entravano completamente nelle fessure e per i terrazzini non sempre sicuri.

La conquista della Nord di Lavaredo: nel 1933 Comici, vivendo a Misurina, è in grado concretizzare il suo sogno anticipando i rivali, ma purtroppo è costretto a rimandare in quanto gli manca un compagno, un amico di cui fidarsi. La guida Angelo Dimai si incontra con Comici per chiedergli di unire le forze per l’assalto decisivo. Così il 12 agosto, Comici, assieme alle guide Dimai, supera gli strapiombi. L’arrampicata è difficile data anche dalla poca sicurezza offerta dai chiodi che non entrano nelle fessure. Il mattino seguente i tre riprendono la scalata giungendo vittoriosi alle 10 in vetta.

L’impresa suscita forti critiche nell’ambiente alpinistico. Si accusano i vincitori dell’eccessivo uso di chiodi. In special modo le critiche vengono rivolte verso Comici dagli stessi compagni legati in corda con lui sulla parete. Invidiosi delle sue grandi doti alpinistiche, cercano di infangare il suo nome. Dimai asserisce che più volte aveva chiesto a Comici di lasciarlo provare a fare il passaggio che Comici si ostinava a tentare di superare senza risultato.

Parole infondate che verranno poi smentite da Comici con la dimostrazione della sua ripetizione in solitaria effettuata il 2 settembre di quattro anni dopo.

Nello stesso anno, ai primi di settembre, finalmente in cordata dell’amico Zanutti, conquistano la Cima Piccola di Lavaredo per lo spigolo Giallo. Un’altra bellissima impresa dell’alpinista triestino, con difficoltà di sesto grado e una arrampicata sempre aerea.

Assieme alla signora Anna Escher, sua affezionata amica e cliente, effettua delle campagne alpinistiche in Egitto, Spagna, Jugoslavia e Grecia. Quest’ultima è la più nota per gli scritti lasciati da Comici sulla spedizione e per la notorietà del monte Olimpo.

Di notevole importanza sono le sue imprese effettuate in arrampicata solitaria nel 1937. Egli infatti in quell’anno scalò non solo la Nord della Lavaredo ma mesi prima, trovandosi nel Gruppo del Brenta, decide di scalare la Fehrman al Campanile Basso. Una via lunga 350 metri con difficoltà di quinto grado. Emilio impiega un’ora e un quarto. Poi non contento attacca la mitica “paretina Preuss” 120 metri, considerati uno dei quinti gradi più difficili e pericolosi del gruppo. Egli li supera in venti minuti, aprendo perfino una variante diretta superando dei strapiombi. A Emilio non basta ancora questa impresa, invece di scendere in doppia, ridiscende tranquillamente la parete in arrampicata libera. Infine l’ultima scalata solitaria sulla Nord della Lavaredo, lo pongono fra gli alpinisti di spicco dell’arrampicata solitaria.

È del 1940 l’ultima grande impresa compiuta da Comici, avendo per compagno di cordata l’amico vicentino Severino Casara. Comici aveva individuato un bel campanile in una delle tante sue esplorazioni. Si trattava del Salame nel gruppo del Sassolungo. È una parete che si addice allo stile di Comici per la sua posizione particolare, per la possibilità di compiere una salita che segue una linea elegante di fessure e strapiombi e per il fatto che la torre non possedeva nessuna via lungo i suoi versanti. Comici insieme a Casara, nell’agosto del 1940 attaccano la parete. Superano passaggi difficili di sesto grado e sono costretti a bivaccare a metà. Giungono in cima stremati proprio quando il sole riesce ad apparire fra le nuvole quasi a voler rincuorare i due vincitori. Sarà l’ultima scalata importante di Emilio, l’ultima sua prima.

 
Testo di Siro Cannarella, foto fornite dalla Scuola di Alpinismo “E. Comici”

 

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